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Intervista a Teresa Borsuk, premio donna architetto anno 2015 di AJ

9 febbraio 2016 / admin / articoli di stampa, international, personaggi

Teresa Borsuk ha recentemente ricevuto il premio donna architetto per l’anno 2015 istituito da “The Architects’ Journal”.

Classe 1956, frequenta la Barlett School of Architecture dove si laurea nel 1983. Un anno dopo inizia a lavorare per la società Pollard Thomas Edward dove  nel 2014, in occasione del 40° anniversario della società, diventa uno dei soci anziani.

Riportiamo i punti salienti dell’intervista rilasciata alla giornalista Laura Mark di The Architects’ Journal in occasione del premio, dove parla anche della condizione al femminile della professione di architetto. La versione integrale, in lingua inglese, la potete trovare cliccando QUI

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Come ci si sente a vincere il premio donna architetto dell’anno?
“È un completo shock ma un grande onore. È una onorificenza di grande responsabilità. Ero abbastanza scettica sul premio – come penso siano molte donne – poiché avrei voluto essere premiata per quello che faccio non per il genere al quale appartengo. All’inizio condividere questo particolare premio è stato piuttosto difficile per me, ma il mio studio mi ha convinto. Ti rendi conto quindi di diventare un modello, specialmente per le donne più giovani. Loro capiscono che altre hanno fatto queste cose e che è quindi possibile, quello è lo scopo del premio. È fantastico.”
È più difficile per le donne farsi sentire e salire ai livelli più alti?
“Si lo è, ma la parte più difficile è quando sei giovane e ti stai facendo strada. È la terribile coincidenza della tempistica nelle carriere di architetto, quando sei negli anni in cui potresti avere figli stai anche percorrendo la scala della professione. La cosa più difficile è tornare indietro e capire che hai ancora voce in capitolo e che hai un posto di lavoro. Questo è il punto focale. Nel nostro ufficio incoraggiamo molto le donne a tornare al lavoro dopo aver avuto figli. È solo un ostacolo. Le persone perdono sicurezza. Pensano di non potersi proporre. Storicamente c’è stata una tendenza verso una cultura maschile di lunga durata. Dobbiamo interromperla. Nel nostro ufficio siamo le donne sono il 50% e c’è un sano equilibrio.”
Quale è stato il tuo approccio nella guida del tuo studio?
“Essere chiara e diretta, è come educare i bambini. Devi sapere cosa è giusto e cosa non va bene, quali sono i tuoi limiti. Non puoi essere volubile. Devi incoraggiare. Anche nei momenti difficili devi farcela – le cose non vanno sempre dritte. La tenacia, l’energia e la correttezza ed anche la semplice trasparenza sono essenziali.“
  Hai innalzato il livello della presenza femminile nel tuo studio fino al 50%. Come hai fatto?
“Quando ho iniziato alla Pollard Thomas Edwards, eravamo in una casa georgiana. Era un ufficio molto più piccolo. Sembrava una casa. Quella era l’intenzione dei soci fondatori. Loro volevano che le persone si sentissero a casa in ufficio. Tutto ciò aveva l’obiettivo di avere un team equilibrato, come nella vita reale. Hanno lavorato molto duramente per riuscire a raggiungere l’equità ed è stato molto più difficile nei primi anni 80 poiché non c’erano così tante donne architetto. Non abbiamo un tetto massimo. Noi assumiamo sulla base della capacità ma le donne portano ad avere più donne. La gente conosce la nostra società come un posto dove le donne si sentono a loro agio come del resto anche gli uomini.”
Quale effetto pensi sia stato sul tuo lavoro essere una donna?
“L’intelligenza emotiva che una donna può apportare al progetto è la chiave. Molto di quello che facciamo è connesso alle relazioni con la gente. Le donne sono incredibilmente osservanti e rispondenti ai bisogni della gente, dal cliente agli operai.”
Affermarsi professionalmente è più difficile per le donne architetto?
“C’è una sorta di etichetta storica della professione di architetto che è dominata dalla presenza maschile. Ma ciò è solo dovuto al periodo nel quale si può procreare. Sono sicura che possiamo fare qualcosa. Quando si comincia il primo vero lavoro su ha circa 28 anni, si è appena iniziato e si lasciare per avere i figli. Questa è la parte più difficile.”
Sei mai stata discriminata durante la tua carriera?
“Si, in uno studio. Era lo studio di un architetto, uno dei miei primi lavori. Ero la prima donna che fosse mai stata assunta e credo che lui lo trovasse particolarmente difficile. Penso non sapesse come gestirmi. Ma quell’esperienza ha reso le mie spalle più larghe. Ho pensato che se ce la facevo allora avrei potuto superare qualsiasi cosa. Quando stavo ancora studiando facemmo uno stage di 6 mesi su un cantiere ed io lavorai sulla Natwest Tower. C’erano 500 uomini oltre a me, e non è capitato neanche una sola volta su quel cantiere di essere discriminata. Non succede dove te lo aspetti. Questo ti lascia di stucco.”
Cosa pensi debba essere fatto per aiutare le donne nella professione?
“Dobbiamo incoraggiare gli studi a sostenere le donne in quegli anni duri. Le donne devono essere più forti specialmente sul decidere chi si prende cura dei loro figli ed assicurarsi che ci sia equilibrio nella coppia.”

Pensi che la qualità dell’ambiente costruito soffra la mancanza di donne architetto?
“Ci sono delle donne architetto che hanno influenza sull’ambiente costruito. Tuttavia credo davvero che si possa riconoscere se qualcosa è stata progettata o meno da un uomo. Potrei aggirarmi tra edifici e indicare se sono stati progettati da un uomo o da una donna.”
Cosa pensi delle altre vincitrici?
“Sono sorprendenti. Quando si guarda la rosa delle candidate è un portfolio fantastico.”

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